Vivere da obesi vuol dire vivere a metà.

Vuol dire aggirarsi per mercatini o per negozi, guardare con rassegnazione tutti quegli abiti, pantaloni o magliette sapendo che per te non ci sarà niente e se ti avvicini per comperare qualcosa vedi il negoziante che scuote la testa e allora, tu metti le mani avanti dicendo che l’acquisto che devi fare non è per te, ma per un regalo. E quando, raramente, ti senti dire che sono forniti di "taglie comode"pensi ad un miracolo e compri, qualsiasi cosa ti venga proposta, anche se non ti piace, magari di un colore che odi, il rosa, (nel mio armadio ci sono diverse magliettone rosa che non ho mai messo) ma non importa, lo compri.

Essere obesi vuol dire consolare i bambini degli amici quando vai a prenderli a scuola, e li trovi addolorati perché i compagni li prendono in giro dicendo che la loro "tata"è cicciona. Essere obesi vuol dire non andare più al cinema o ad uno spettacolo per paura di non entrare nella sedia. Essere obesi significa non guardarsi più allo specchio evitare le foto e quando proprio non ne puoi fare a meno cercare disperatamente di nasconderti dietro a qualcuno. Essere obesi vuol dire andare in pizzeria e mangiare pochissimo per la paura di essere giudicati. Potrei continuare con i disagi materiali e fisici, ma noi donne siamo abituate a sopportare e quello che ci fa più male è il dolore interiore, soprattutto oggi, in quest’epoca dove ciò che conta è l’apparenza , siamo diventate fenomeni da baraccone e da bravi clowns abbiamo imparato a prenderci in giro da sole, prima che gli altri ci feriscano.

Io non sono mai stata una che mangia molto e malgrado ciò non sono mai stata magra. Ho passato la mia vita con la bilancia al piede. La mia adolescenza ha coinciso con l’avvento delle modelle anoressiche ed io che avevo un fisico da maggiorata, seno importante vitino da vespa e fianchi proporzionati ( rivedendo adesso le foto di quei giorni devo dire, senza falsa modestia, che ero proprio bella) diventai improvvisamente dall’alto dei miei 60 chili per 1 metro e 65 di altezza e una 4° di reggiseno "grassa". Ed iniziò il calvario delle diete. Credo di averle fatte tutte: la dieta "punti”, la dieta "dissociata", la dieta del "fantino"e quella del "pezzente”, come la definiva mio padre (preoccupato per la mia alimentazione) e cioè a "pranzo poco, e la sera niente". Dalla mia vita sparirono, pasta, pane, patate, fagioli i dolci poi non si nominavano nemmeno, ma all’epoca non mi piacevano, dicevo, che per me le pasticcerie potevano chiudere, con grande invidia delle mie amiche tutte quante super golose. Andavo alle "feste in casa” munita di una mela, lasciando gli occhi, il cuore e lo stomaco su quegli improbabili tramezzini fatti da noi ragazzi che consistevano in una mezza fetta di pane a cassetta, tagliato in diagonale con spalmata sopra un poca di mayonnaise o burro, e arricchiti con un nulla di tonno, qualche sott’aceto o prosciutto cotto. Non bevendo un sorso di Coca Cola o Fanta ma riempiendo il mio bicchiere con acqua del rubinetto. Ero capace di nutrirmi con un pomodoro ed un uovo sodo al giorno e facevo uso di diuretici e lassativi (l’Agarol) ricordo ancora il nome. Vedendo tutto questo con il senno del poi, forse ho sfiorato l’anoressia, ma all’epoca non si sapeva ancora cosa fosse. Ho preparato gli esami di Maturità ripetendo la "Divina Commedia" mentre pedalavo forsennatamente sulla cyclette o camminando come una pazza in giardino. E malgrado tutto il mio minimo storico è stato di 55 chili imputabili alle delusione d’amore; e per le delusioni d’amore smettevo di mangiare del tutto.

Questa è stata la mia vita, divisa tra diete ferree e un normale nutrimento, che nel mio caso voleva dire ingrassare.

Poi è arrivato il primo Cancro. Al seno. Era il 1996 ed una pallina dura, della dimensione di un nocciolo di ciliegia ha cambiato la mia vita. Il 26 di Luglio di quell’anno ho scoperto, mentre ero al telefono con una mia amica, questa "cosa" nel mio seno sinistro. Il 6 agosto sono stata operata. Ho iniziato la chemioterapia il 10 settembre. Era ancora caldo e indossai un paio di pantaloni leggeri che mi stavano piuttosto grandi, pensando che così sarei stata più comoda. La settimana successiva quei pantaloni non mi entravano più. Così come si soffia in un palloncino continuai ad ingrassare. Mi guardavo nello specchio e non mi riconoscevo. Quella non ero io. Credo che sia stata la cosa che mi fatto stare peggio. Avere nella mente la Rossella come era ed ora aver a che fare con una sconosciuta. Risale al quel periodo il mio incontro con i dolci. Una delle prime cose arisentire dei chemioterapici sono le mucose della bocca. Non hai più una bocca, ma una sorta di piaga dolorante, e mangiare le cose salate è una tortura. Ma devi mangiare perché se l’emocromo non sarà nei limiti prestabiliti, salterai il prossimo ciclo di chemio e l’incubo si allungherà. Così dopo 6 mesi mi sono ritrovata obesa e mi sono arresa. Troppi chili, non ce la potevo fare. Infondo sono viva, mi dicevo, meglio grassa che morta e di questo sono ancora convinta. Poi la mia ginecologa (nonché amica carissima alla quale devo molto per la tempestività con la quale è intervenuta nel diagnosticare i miei tumori, perciò, grazie Sonia) mi ha parlato della possibilità di intervenire chirurgicamente per risolvere il problema, e nel febbraio del 2008 ho iniziato il mio percorso per arrivare qui.
Ma non è finita! Nel marzo del 2009 sono stata operata per un secondo cancro. Questa volta all’utero, e ironia della sorte quasi certamente dovuto al sovrappeso!

Ho voluto scrivere queste righe per ringraziare in anticipo lei e la sua equipe per quel piccolo stomaco che mi regalerete. Sono consapevole che non sarà una passeggiata e ho tanta paura. La mia vita sta per cambiare nuovamente e cosi la nuova Rossella non sarà più la "Tata Cicciona” ma una "Tata Normale” e forse la smetterà di comprare cose che non le piacciono. Farà pace con lo specchio e tornerà ad andare al cinema … poi un terzo cancro non posso permettermelo, così coraggio e avanti!

Grazie di cuore.
Rossella Cini

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